Innanzitutto chiariamo una cosa: la coltivazione di cannabis in Italia costituisce un reato, punito dall’articolo 73 del Testo unico sulle droghe. Se, infatti, il consumo di cannabis non è reato ma comporta sanzioni amministrative (come ritiro del passaporto o della patente, art. 75 delDPR 309/90) per la coltivazione è prevista una pena fino a 6 anni direclusione (art. 73 del DPR 309/90).
Questo rappresenta un enorme paradosso: di fatto lo Stato garantisce il monopolio della produzionee della vendita di cannabis al mercato nero delle mafie. Sul punto èintervenuta, il 19 dicembre 2019, una sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione che ha stabilito che: “non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”. Le motivazioni di questa sentenza sono state pubblicate recentemente e ribadiscono come la coltivazione per uso personale non sia più punibile penalmente, ma sia da considerarsi , al pari della detenzione per uso personale, un illecito amministrativo (punibile con le sanzioni dell’articolo 75).
La Suprema Corte definisceanche che, per essere considerata personale, quella coltivazione, deve rispettare cinque criteri: minime dimensioni, rudimentali tecniche di coltivazione, scarso numero di piante, modestissimo quantitativo di cannabis ricavabile e assenza di altri indici che possono far pensare a un inserimento nel mercato degli stupefacenti. In ogni caso, lo ribadiamo: una sentenza non è una legge, dunque la coltivazione resta definita come reato nel nostro ordinamento, e dunque condotta soggetta ad avviare un’incriminazione per articolo 73.
Questo non impedisce agli italiani di coltivare cannabis per uso personale: lo scorso anno le piante sequestrate sono state oltre 500mila, e si stima che gli italiani che autoproducono siano oltre 100mila. Si tratta di consumatori quotidiani che lo fanno per il proprio uso personale o che al massimo vendono o regalano l’eccedenza ad amici e conoscenti. I motivi che spingono le persone a coltivare da sé cannabis in casa sono sicuramente di natura economica – perché costa meno – ma riguardano anche la qualità e il legalitarismo. Per quanto possa apparire curioso, le persone che autoproducono cannabis lo fanno anche per evitare di avere contatti con gli spacciatori e per evitare di finanziare economicamente le mafie.