Reefer Madness. Pietra miliare del proibizionismo.

Cosa trovi in questo articolo

Di Giuseppe Brescia

Reefer Madness.
Pietra miliare del pensiero proibizionista, film cult, gioia dei cinefili.
Ma come è possibile che una pellicola così modesta, infarcita di luoghi comuni, e dagli scarsi esiti commerciali, abbia influenzato così profondamente il nostro immaginario?


Occorre una premessa.



Fine anni ’20: la devastante depressione economica seguita al crollo della borsa di Wall Street non tarda a generare e accentuare dissesti sociali e divisioni razziali. Nel 1931 il Ministero del Tesoro istituisce il Federal Bureau of Narcotics, affidato alla gestione di Harry J. Anslinger, il quale si era distinto nella repressione del contrabbando di alcolici lungo la tratta Bahamas – Stati Uniti. E che, in particolare, è il genero di Andrew Mellon, Ministro del Tesoro in carica.


Gli alcolici tornano a essere legalmente commerciabili nel 1933: è da questo momento in poi che la propaganda sulla proibizione della Cannabis di Anslinger assume maggior vigore.
Il crescente risentimento nei confronti delle minoranze nere e ispaniche identifica il suo feticcio nella “Marijuana”, termine appositamente coniato con intenti discriminatori, essendo essa una sostanza largamente consumata presso queste comunità.
In breve tempo, in forza di risultati pseudo-scientifici, la Cannabis viene collegata a violenza, criminalità e a comportamenti socialmente devianti, in quello che rappresenta a tutti gli effetti un prequel della Southern Strategy di Nixon.
A questo punto, c’è solo una cosa di cui la strategia comunicativa di Harry J. Anslinger ancora difetta: la legittimazione mediatica.


1933, Tampa, Florida: Victor Licata, un ragazzo di 21 anni, uccide con un’ascia i genitori, i due fratelli e la sorella.
La causa del raptus? Nessun dubbio: il consumo di Cannabis da parte del ragazzo
Il quadro psicologico di Licata, in realtà, dice tutt’altro.
Licata sarà rinchiuso dal 1933 al 1950 al Florida State Mental Hospital.
Non è una persona di indole tranquilla: già un anno prima del massacro, la polizia tenta la via dell’internamento, desistendo solo a seguito dell’opposizione dei genitori.
Che sono cugini in primo grado.
Si ipotizzano disturbi ereditari: anche prozio e due cugini conobbero il manicomio, mentre il fratello è affetto da demenza precoce.
In istituto Licata uccide un altro paziente, prima di impiccarsi nel 1950.
Successivi referti psichiatrici negheranno ogni relazione causale fra la strage commessa e il consumo di Cannabis. Il caso Licata diviene il più eclatante di tutta una serie di avvenimenti di cronaca sui quali la stampa si getta in picchiata, dispiegando una narrazione di regime volta a condizionare l’opinione collettiva.


La successiva ondata di sdegno, terrore e angoscia rappresenta, a tutti gli effetti, il substrato culturale di cui Reefer Madness si nutre, e che l’opera perpetua.


Il film si pone infatti uno specifico intento divulgativo fin dalla prima scena, che ha la funzione di cornice narrativa: il preside di una scuola superiore ha indetto una riunione con i genitori degli alunni, per metterli a conoscenza dei pericoli e delle tentazioni che mettono a rischio la vita dei ragazzi. Se la sequenza suscita ai nostri occhi un’immediata ironia, essa assume significato ancor più tragicomico oggi, a fronte del fatto che in Italia, attualmente, il 16% degli istituti non contempla interventi di prevenzione e sensibilizzazione in merito alle sostanze.
La pellicola è un’opera di exploitation che vede la partecipazione di volti poco noti -e che tali resteranno- riuniti sotto la direzione di Louis J. Gasnier, già assistente, all’epoca del muto, sui set delle commedie di Max Linder. Per un periodo, si vociferò attorno a sospetti collegamenti fra il produttore George Hirliman e alcune associazioni fondamentaliste cattoliche, ma le insinuazioni non furono mai pienamente confermate.

Datato 1936, il film venne presto dimenticato.



Metà anni ’60: il produttore Robert Shaye fonda la New Line Cinema.
Nel 1972, in virtù di un vizio di forma che non garantiva a Hirliman il copyright, la società acquista i diritti del film, iniziando a distribuirlo nei circuiti dei campus universitari.
Fu così che la pellicola divenne cult, fra studenti, stoner e appassionati di cinema. Il successo venne dunque decretato proprio da coloro che l’opera, inizialmente, si proponeva di stigmatizzare.
In origine, il nome della pellicola sarebbe dovuto essere Tell Your Children, ritenuto poi non abbastanza sensazionalista. In alcuni Stati si attestò il titolo The Burning Question.
Ma, alla fine, Reefer Madness è il nome che verrà consegnato alla storia.

Post Scriptum: come detto, la pellicola è del 1936.
Nel 1937, un anno dopo, Robert Caldwell sarà il primo uomo arrestato negli USA a seguito della vendita di Cannabis.

Condividi:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn
In tema

Articoli che potrebbero interessarti