Di Edoardo Bigolin.
“La cannabis è la porta d’ingresso per il mondo delle droghe pesanti”. Questa è una delle tesi più sostenute dalle forze proibizioniste che si mostrano sorde anche di fronte alle più sonore confutazioni. Forse allora Afron Jones, commissario di polizia nel North Wales, sarà stato vittima di un attacco di follia quando ha proposto di rifornire i detenuti britannici con cannabis gratuita, ciò per sopperire alle loro dipendenze da oppiacei o da farmaci per essi in sostituzione.
Proprio così, richiamando una proposta già operata nel 2018 dalla farmacologa Dott.sa Stephanie Sharp, l’ufficiale ha suggerito che rifornire i detenuti di cannabis potrebbe rivelarsi vantaggioso in molti termini.
È risaputo che criminalità e utilizzo di droghe pesanti sono strettamente correlati, con il risultato che gran parte dei carcerati in tutto il mondo si ritrovano a dover gestire i loro “bisogni” durante la detenzione.
Questa situazione crea il contesto idoneo per la nascita di giri di contrabbando fra guardie carcerarie e detenuti da un lato e l’abuso di farmaci come metadone e benzodiazepine dall’altro. Infatti, non è inconsueto che le stesse strutture carcerarie favoriscano i ritorni extra o che sfruttino l’abuso dei farmaci per ammansire la popolazione delle carceri. Il risultato di queste pratiche nel lungo termine altro non può che favorire il rischio di overdose, conflitti, ma soprattutto limitare qualsiasi forma di reinserimento nella società o scopo rieducativo, primo fine delle carceri.
Come riportato dal Guardian, fra Galles ed Inghilterra negli ultimi 5 anni sono stati più di 300 gli ufficiali delle carceri che hanno subito un provvedimento disciplinare per l’intromissione di oggetti e sostanze proibiti nelle carceri, con un aumento del 18% per quanto riguarda le droghe nel solo biennio 2019-20. Dall’altro lato, le morti per overdose nelle carceri britanniche sono state 88 fra il 2008 ed il 2016.
“Se hanno bisogno di oppioidi, perché non possiamo dare loro della cannabis? Gli oppioidi sono di gran lunga più pericolosi della cannabis. Creiamo una condizione controllata nella quale rifornire i detenuti. L’obiettivo è quello di rendere le carceri più sicure. Se si vuole abbattere la violenza nelle carceri bisogna gestire le cause, ovvero la dipendenza dalle sostanze.” Sostiene Jones.
Creare un framework legale e manageriale per inserire la cannabis in un “società chiusa” come quella carceraria potrebbe fornire non pochi indizi sull’utilità della cannabis per persone con dipendenze importanti e che non si ritrovano in un contesto facile come quello del carcere; informazioni utili anche per la società “fuori”.
L’efficacia della cannabis nel contrasto alle dipendenze da oppiacei, droghe sintetiche e relative crisi di astinenza è già provata da diversi studi. Guardando oltreoceano, dove di legalizzazione sono esperti, uno studio della John Hopkins University riporta come negli stati USA dove la cannabis è stata legalizzata, le morti da overdose da oppioidi sono diminuite del 25% fra il 1999 ed il 2014, ma sono molti altri gli studi e le cure sperimentali basati sull’utilizzo di cannabis, ad alti livelli di THC o CBD a seconda del tipo di dipendenza da trattare.
Ormai anche la tesi della droga di passaggio non ha più stampelle alle quali appoggiarsi per stare in piedi, al contrario la cannabis si sta dimostrando un’ottima via d’uscita dalle dipendenze, dalle droghe più pericolose, a quelle legali come il tabacco o le benzodiazepine. Oggi anche le stesse forze dell’ordine sostengono questa posizione, un’altra scomoda verità con la quale i proibizionisti prevenuti dovranno inevitabilmente confrontarsi.