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Canti Cannabis (1)

Canti la cannabis? Per lo Stato italiano sei socialmente pericoloso

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Colpiti da daspo urbano i tre membri della Only Smoke Crew, colpevoli di aver portato uno spinello gonfiabile sul palco

Di Raffaella Stacciarini e Nicola Morawetz

Questa è una storia sulla cannabis. Senza cannabis.

I protagonisti si chiamano Aldo Matrone, in arte The sniper, Cosimo Panico, aka Novanta, e Gerardo Chiavazzo, per i fan Skiaffone: insieme sono la Only Smoke, crew cilentana della scena hip hop underground attiva dal 2006.

Il 29 aprile scorso la Only Smoke Crew viene invitata al VdA, festival musicale patrocinato dal comune di Valle dell’Angelo, in provincia di Salerno. Sul palco del VdA Aldo, Cosimo e Giacomo portano quello che sanno far meglio, un hip hop dalla forte impronta comica e teatrale che li caratterizza da oltre 15 anni.
Durante le esibizioni i tre spesso interpretano dei personaggi, si travestono inscenando pieces tra il sardonico e il simbolico come rappresentazione dei testi (e fin qui tutto normale, direte, al pari di tantissimi altri artisti).


Al VdA però qualcosa va storto già dall’apertura. Per Fatti dei fatti, uno dei brani in scaletta, la Only Smoke mette in scena un ideale lieto fine tra un pusher, un poliziotto e un acquirente un po’ impacciato, personaggi che alla fine, grazie alla legalizzazione, si ritrovano a fumare insieme il calumet della pace. Nel frattempo tra il pubblico inizia a girare un gadget che i carabinieri indicheranno come corpo del reato: bustine di cellophane con dentro dei pezzetti di carta verde e un QR code che rimanda ai canali social della band. Una delle bustine viene sequestrata dai carabinieri che, a metà maggio, convocano gli artisti alla stazione di Piaggine. Il malinteso sembra essersi risolto: le forze dell’ordine restituiscono alla crew il corpo del reato perché il reato, secondo il tribunale di Vallo della Lucania, non c’è.

La brutta sorpresa arriva qualche settimana dopo, quando la questura – questa volta da Salerno – notifica alla Only Smoke il daspo urbano da Valle dell’Angelo, con reclusione da 1 a 6 mesi in caso di infrazione. I tre artisti vengono definiti “socialmente pericolosi” per aver cantato la legalizzazione e aver distribuito gadget allusivi. Un’etichetta che la Only Smoke ritiene inaccettabile, e infatti presenta ricorso, ricorso al quale il prefetto non risponde.

La censura non è certo una pratica nuova. L’arte ha sempre messo in difficoltà il potere, di conseguenza il potere ha sempre cercato di controllarla e limitarne il potenziale sovversivo.

Nel ‘900, secolo dell’exploit per mass media e totalitarismi, la censura della libera espressione artistica ha conosciuto senza dubbio il suo apice.
Un attento osservatore di quegli anni, però, avrebbe forse potuto guardare alla censura con una punta di ottimismo, come qualcuno che sa che un’istituzione ormai anacronistica ha fatto il suo corso ed è ormai destinata a scomparire.
Oggi, 2023, un gruppo rap riceve invece un daspo urbano a causa di una performance comico-musicale: una pratica che dovrebbe essere sepolta nel passato torna in forme nuove, diverse eppure uguali nella sostanza. C’è da rimanerne scoraggiati.


Se si è in cerca di arte stimolante, il posto migliore dove guardare è sempre il cassetto dei censori. Perché l’arte è scomoda, interroga, mette in discussione. Per sua natura è spesso in contrasto con lo stato, incaricato invece di custodire le regole e difendere l’ordine sociale. Proprio per questi motivi, tuttavia, l’arte fa anche ridere. “Una risata vi seppellirà” è un vecchio slogan del ‘68, citazione ripetuta fino alla nausea e talvolta spesso abusata, ma non possiamo fare a meno di richiamarla davanti a queste vicende. Dicevamo che non si può che scoraggiarsi davanti a episodi del genere: è vero, ma non essere dalla parte del potere ha anche i suoi vantaggi.
Si può ridere davanti a una gigantesca canna gonfiabile, per esempio, invece che averne paura.

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