Assolto per aver coltivato la sua terapia, ora le motivazioni appaiono come una novità nel panorama giurisprudenziale: la coltivazione per finalità terapeutica è concretamente inoffensiva
Dopo il caso De Benedetto, si apre un nuovo panorama giurisprudenziale per quanto riguarda la coltivazione di cannabis a scopo terapeutico: la condotta risulta ora concretamente inoffensiva.
Lo scorso 27 aprile, presso Tribunale d’Arezzo, il Giudice Fabio Lombardo aveva assolto Walter De Benedetto ritenendolo non colpevole. L’uomo era imputato per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso: affetto da artrite Reumatoide da oltre 35 anni, il paziente aveva deciso di coltivare la pianta per supplire le mancanze del Sistema Sanitario che non gli garantiva la cannabis terapeutica, nonostante la regolare prescrizione. La sentenza ha sancito la sua non colpevolezza dal momento che l’utilizzo della cannabis era strettamente legato ai fini terapeutici.
“Il Giudice di Arezzo ha decretato che il fatto contestato al nostro Assistito non fosse punibile penalmente dal momento che l’art. 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute. Quindi il Tribunale non può sanzionare l’autore per una condotta di coltivazione e detenzione di cannabis dato lo scopo terapeutico e viste le insufficienze delle terapie alternative” hanno spiegato gli Avvocati Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio che hanno assistito De Benedetto.
Nonostante il quantitativo non esiguo di piante di cannabis indica e di infiorescenze detenute dal paziente, il giudice ha ritenuto che lo scopo terapeutico giustificasse la condotta incriminata.
La quantità era infatti necessaria per lenire la patologia di Walter: ciò ha messo in luce come non vi fosse alcun pericolo di cessione a terzi.
Con questa sentenza è stato quindi riconosciuto, per la prima volta, l’uso esclusivamente personale per fini terapeutici in grado di giustificare – a differenza della coltivazione per uso ludico-ricreativo – la detenzione anche di molte piante, data la necessità curativa. Inoltre, visto lo scarso approvvigionamento di cannabis da parte del Sistema sanitario nazionale, il Tribunale di Arezzo ha considerato la coltivazione a scopo terapeutico una discriminante, offrendo così la possibilità alla difesa di giustificare la coltivazione.
Walter De Benedetto è stato costretto a utilizzare la sostanza come un vero e proprio farmaco con l’unico obiettivo di lenire il dolore e garantirsi in questo modo una qualità della vita più dignitosa.
Ciò implica la necessità di interpretare la normativa stupefacenti (in materia di coltivazione) tendendo conto dell’art. 32 della Costituzione che «tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti».
La sentenza costituisce il primo ed importante precedente giudiziario perché la condotta risulta avere un fine esclusivamente terapeutico e, quindi, inoffensiva.
“Un importante precedente giuridico. Ora però serve trovare una soluzione che permetta ai pazienti di accedere alle cure senza dover per forza arrangiarsi.” – Ha detto Antonella Soldo, Coordinatrice della campagna Meglio Legale che ha seguito in questi mesi il processo De Benedetto – “Servono soluzioni, serve aprire la produzione di cannabis terapeutica anche a privati, semplificare la burocrazia e formare i medici. Sono questi i passi fondamentali che vanno messi in campo”.