Cocaina, la regina d’Europa ignorata dall’Ue

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Il piano di azione sulle droghe 2021-2025 presentato ieri a Strasburgo torna all’approccio «low&order». Contro la cannabis. Nel 2018 sono state sequestrate 181 tonnellate di coca, un livello mai raggiunto prima. Impennata di consumi di «bianca» malgrado nel continente circoli molto più hashish

Di Federica Valcauda

Ieri il Consiglio d’Europa ha presentato agli Stati membri l’Agenda e il piano di Azione sulle droghe per il 2021-2025. Si tratta di un testo che ha un valore strategico e di indirizzo per le politiche sulle sostanze stupefacenti, e per questo già nelle settimane scorse Forum droghe ed altre associazioni avevano inviato al governo italiano dei suggerimenti per portare a quel tavolo proposte efficaci e basate sulle evidenze scientifiche e nel rispetto dei diritti umani.

Le nuove proposte Ue, infatti, sembrano voler abbandonare l’approccio equilibrato tenuto finora per un forte ritorno alla centralità dell’approccio «law&order». Inoltre, tendono verso un grave depotenziamento delle politiche sociali e sanitarie. Nel frattempo in Italia il ministero della Salute ha diffuso alcuni «chiarimenti» sulla somministrazione di cannabis medica che di fatto vietano le prescrizioni di olii ed estratti (pur prescritti da 5 anni a questa parte) ed eliminano la consegna a domicilio di farmaci cannabinoidi.

EPPURE, SUGGERIMENTI chiari su come procedere sulle politiche sulle sostanze in Europa sono arrivati, solo pochi giorni fa, dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Emcdda). Che nella sua Relazione annuale lancia un nuovo allarme: «Nel 2018 (sono i dati dell’ultima rilevazione, ndr) la quantità di cocaina sequestrata nell’Unione Europea ha raggiunto livelli mai registrati in precedenza». Il 2018 si è caratterizzato per il sequestro di 181 tonnellate di cocaina (erano 138 nel 2017), evidenziando pertanto un costante aumento della presenza di questa sostanza, in particolare negli ultimi tre anni.

I Paesi europei che hanno raccolto i dati in merito segnalano un aumento della presenza di residui di cocaina nelle acque reflue, l’aumentato in purezza della sostanza e un aumento di nuovi utenti presi in carico dalle strutture nell’ultimo anno, secondo le segnalazioni di 17 Paesi.

LA GERMANIA è il Paese con il numero più alto di utenti presi in carico, seguita dall’Italia, che risulta essere luogo non solo di approdo della sostanza che viene smistata all’interno della nazione, ma anche esportata all’estero.

Le problematicità che si riscontrano a livello europeo, secondo i dati forniti dall’Emcdda, sono relative all’assiduità del consumo: il 27% dei soggetti in trattamento fa uso giornaliero di cocaina ed il 34% fa un uso che varia dai 2 ai 6 giorni.

Il consumo medio di cocaina all’interno dell’Unione europea è maggiore rispetto al consumo di cannabis, nonostante circoli più cannabis che cocaina all’interno del continente – stando ai numeri dei sequestri e dei consumatori.

I DATI DEL NOSTRO PAESE rispetto a quelli recentemente forniti dall’Ue rispecchiano in qualche modo la situazione generale: nel 2019 i sequestri di cocaina sono aumentati del 127,61% rispetto all’anno precedente. È il dato più elevato dal 2010 ad oggi (rilevazioni della Direzione centrale per i Servizi antidroga).

Con questi numeri, è il suggerimento delle associazioni, l’Unione Europea deve assolutamente cambiare l’approccio proibizionista fino ad ora adottato con le politiche sulla droga. Anche l’Italia dovrebbe intraprendere un altro percorso: la legalizzazione della cannabis è un primo passo per liberare i consumatori dal monopolio della criminalità organizzata.

SE TOGLIERE PARTE del profitto alle mafie è fondamentale, evitare che le persone si avvicinino alle piazze di spaccio lo è altrettanto. Ed oggi i consumatori di cannabis sono obbligati dallo Stato a farlo, arrivando così più facilmente al contatto anche con altre sostanze, senza peraltro ottenere alcuna informazione sulle stesse.

L’invisibilità dietro cui si nasconde la “neve”, che arriva a fiocchi sempre più consistenti nel continente europeo, ha due motivazioni principali: la repressione quasi esclusiva sulla cannabis, che in Italia impegna le forze dell’ordine in una «war on drugs» sostanzialmente solo ad una sostanza che sempre più Paesi stanno invece legalizzando. E la potenza delle narcomafie organizzate in una rete di alleanze che nel tempo cambiano, mutano, ma restano in un modo o nell’altro solide nel loro obiettivo: fare profitto. Solo per fare un esempio: dopo un grande sequestro di sostanze stupefacenti avvenuto nel 2017 a Gioia Tauro, le rotte di approdo si sono immediatamente diversificate: negli ultimi anni infatti, sempre secondo l’Emcdda, Belgio, Spagna e Paesi Bassi sono diventati i Paesi in cui sono stati effettuati il maggior numero di sequestri, e il 78% dei sequestri di cocaina.

CHE FARE, DUNQUE? Intanto avere una strategia comune, basata sulla cooperazione internazionale tra Stati, nell’ottica di un’iniziale depenalizzazione del consumo delle sostanze. E poi provare ad affrontare il tema in modo scientifico, e implementare delle strategie di riduzione del danno, non solamente fisico ma anche mentale: il giudizio che si scaglia sui consumatori e su chi sviluppa un abuso toglie dignità alla persona. Mentre oggi c’è più che mai bisogno di portare al centro la libertà facendo informazione. Solo da qui può partire un’educazione alla responsabilità individuale.

Pubblicato su Il Manifesto il 30 Settembre 2020.

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