[Webinar gratuito] Scopri cosa succede quando ti fermano le forze dell'ordine
Una delle sanzioni più dure è sicuramente il ritiro della patente che può avvenire, ci teniamo a specificarlo, anche se un consumatore viene fermato A PIEDI con pochi grammi di cannabis.
Cosa si può fare in questi casi? Come si può ottenere di nuovamente la patente? Na parliamo con l’avvocato Lorenzo Simonetti, tra i massimi esperti in Italia su questa questione.
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Dopo il decreto Lorenzin del 2015, la platea di consumatori di farmaci a base di Cannabis è aumentata in maniera sensibile, così come coloro che, nonostante non abbiano la possibilità economica, utilizzano questa sostanza per trarne benefici terapeutici al di fuori, però, del circuito farmacologico.
A questi si aggiungono e, in parte, sovrappongono, gli oltre sei milioni di consumatori stimati in Italia.
Ma cosa prevede la legge in merito al discorso Cannabis e patente?
Innanzitutto, occorre fare riferimento all’articolo 187 del Codice Della Strada, che norma la guida sotto effetto di sostanze stupefacenti.
A differenza dell’articolo 186, dedicato alla guida in stato di ebbrezza, nell’ambito dell’articolo 187 sono due gli aspetti da rilevare ai fini della configurabilità del reato: lo stato di alterazione del conducente e l’ultima assunzione di stupefacenti.
Quanto dura la positività alla Cannabis?
Se l’articolo 186 si concentra esclusivamente sull’eventuale stato di assunzione di alcol da parte del conducente, per quanto riguarda il 187 si parla invece di “reato a forma bifasica“.
Cosa vuol dire?
Significa che non basta rilevare la presenza di sostanze di abuso nelle matrici biologiche, ossia sangue, urine e capelli, ma è necessario provare anche lo stato di alterazione, definito “corteo sintomatologico”.
Tale necessità è motivata dal fatto che la tolleranza verso le sostanze non è uniforme, ma è vincolata a fattori soggettivi come la consuetudine al consumo, l’intervallo temporale rispetto all’ultima assunzione, o la permanenza di principi attivi stupefacenti nel sistema biologico.
A partire dal 2012, l’obbligo di visita medica a seguito di contestazione su strada dell’articolo 187 è stato espunto dal Codice Della Strada, generando una rilevante conseguenza: sebbene lo stato di alterazione venga identificato da parametri medici, la verifica di esso è invece affidata alle forze dell’ordine.
In base a ciò, qualora fermati in contestazione dell’articolo 187, al momento dell’accesso in ospedale è consigliabile pretendere una visita medica, suddivisa in seduta psichiatrica e test dei riflessi.
Al netto di quanto esplicato finora, rimane il fatto che i pazienti che assumono farmaci cannabinoidi possono mettersi alla guida a condizione che le loro capacità non siano alterate dal farmaco. Di base, dunque, è doveroso un atto di coscienza da parte del paziente: la capacità di autodeterminarsi e la responsabilità di mettersi alla guida in modo lucido non sono argomenti di valore giuridico, ma di senso civico e di rispetto sociale.
E quando invece l’accertato stato di alterazione si combina con il ritrovamento nell’automobile di tracce di sostanza stupefacente?
In questo caso, è importante non andare nel panico: è pacifico, infatti, che la sostanza rinvenuta non costituisca indizio grave, preciso e concordante di una recente assunzione.
I due elementi, stato di alterazione e possesso di sostanze stupefacenti, non sono quindi automaticamente sovrapponibili.
Ciò non evita, però, la questione fondamentale: a fronte di un test antidroga positivo, seppur il conducente non presenti stati di alterazione, il ritiro della patente è la prassi.
Ad ogni modo, l’ordinanza del prefetto è passibile di impugnazione entro trenta giorni e alla presenza di un giudice di pace civile, in attesa del processo.
Qualora l’esito risultasse favorevole, in alcuni casi si rende possibile evitare la visita in commissione medico-locale, rivolgendosi in alternativa al Tar.
Chi si cura con la Cannabis può guidare?
Si pone un problema dalla duplice alternativa: se, infatti, le visite mediche sono finalizzate a rinnovare la patente di guida, la presenza di THC nelle matrici biologiche renderà impossibile procedere al rinnovo; esito simile si avrà affidandosi alla magnanimità della commissione medica locale.
Esiste poi una terza strada, vincolata alla guida sotto effetto: nonostante il consumo sia a fine terapeutico, la contestazione del reato.
Chiaramente, per i pazienti con regolare prescrizione, è la Commissione Medica a dover valutare se il soggetto sia idoneo alla guida.
Com’è possibile fare in modo che a un paziente venga garantita la disponibilità della patente di guida?
Lo studio legale Miglio-Simonetti si è cimentato nella creazione di un’equipe medico-legale che abbia la finalità di presentarsi in commissione a fianco del paziente, illustrando con termini tecnici e valutazioni diagnostiche come la norma attuale si mostri irragionevole ed esemplificativa di una disuguaglianza costituzionale, garantendo infine il rinnovo annuale della patente a fronte dell’impegno del paziente di non mettersi alla guida entro due ore dall’ultima assunzione.
Che succede se ti fermano con l’erba legale?
La questione diventa ancor più complicata.
Nonostante si tratti di un prodotto legalmente regolamentato, il rischio di vedersi sospesa la patente è alto, poiché le analisi potrebbero rilevare la presenza di THC, dando avvio a una procedura penale identica a quella prevista per la Cannabis posta sotto il controllo della 309/90.
Si tratta, nello specifico, di un argomento delicato e di avanguardia, da normare con più raziocinio, alla stregua di come andrebbe fatto anche con la legge 242/2016.
In conclusione, è necessario ricordare come, a causa della 309/90, il possesso di Cannabis sia in grado di incidere sulla patente anche in maniera indiretta, qualora si venga fermati a piedi: fra le sanzioni amministrative, da comminare alla seconda contestazione di articolo 75, rientra infatti la “sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni”.
I 10 consigli dell’avvocato sul consumo di cannabis e patente
Di Avv. Claudio Miglio e Avv. Lorenzo Simonetti www.tutelalegalestupefacenti.it
1) Consumo di cannabis per uso terapeutico e patente di guida: introduzione
Quale studio legale specializzato nella materia degli stupefacenti, siamo molto sensibili al tema della cannabis per uso terapeutico: dopo il decreto Lorenzin del 2015, la platea dei consumatori di farmaci a base di cannabis è palesemente aumentata così come coloro che, nonostante non abbiano la possibilità economica, utilizzano questa sostanza per trarne benefici terapeutici al di fuori, però, del circuito farmacologico.
Detto in altri termini: ormai sono molto diffusi i medicinali di origine vegetale a base di cannabis tra quelli che possono essere prescritti con ricetta non ripetibile (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture).
D’altra parte, però, qualora la patologia clinica di cui si soffre non rientri tra le malattie per le quali il costo del farmaco è a carico del Sistema Sanitario Nazionale, il paziente è costretto a spendere di tasca propria una somma di danaro molto elevata al fine di arginare i dolori neuropatici che non possono essere curati con i farmaci tradizionali.
E, in ultimo, qualora il paziente non abbia la possibilità economica di curarsi, allora è costretto a coltivare la cannabis ovvero a rivolgersi al mercato nero.
In tutti e due i casi (cura farmaceutico ovvero reperibilità sul mercato nero), il paziente può trovarsi nella condizione di dover guidare e, dunque, di rischiare di poter essere sottoposto a controllo su strada a cui segue, di prassi, l’accompagnamento all’ospedale per poter essere sottoposto alle analisi delle urine e del sangue.
Il rischio che ne consegue è, chiaramente, quello di essere trovato positivo al principio attivo della cannabis (a cui segue la contestazione del reato ex art. 187 Codice della Strada) nonostante, però, si assuma la sostanza per uno scopo esclusivamente terapeutico.
2) Posso mettermi alla guida se consumo cannabis per uso terapeutico?
Stante quanto sopra illustrato, è il caso di concentrarci sul modello di paziente che, munito di prescrizione attualizzata di farmaci a base di cannabis, si curi con questo tipo di sostanza e abbia intenzione di mettersi alla guida su strada.
Un dato è certo, ovvero che i pazienti che assumono i farmaci in questione possono guidare solo a condizione che la loro capacità di guida non sia alterata dal farmaco: questo discorso, chiaramente, vale per ogni tipo di farmaco assunto prima di guidare.
Di base, dunque, riteniamo che vi debba essere un atto di coscienza del paziente: la capacità di autodeterminarsi e la responsabilità di mettersi alla guida in modo lucido non sono (certamente) argomenti di valore giuridico ma, prettamente, di senso civico e di rispetto sociale.
Quanto appena detto, comunque, trova riscontro nel Decreto Lorenzin (allegato, par. 4.5) laddove è previsto che «I soggetti in terapia, inoltre, dovrebbero essere esentati dalla guida di veicoli o dallo svolgimento di lavori che richiedono allerta mentale e coordinazione fisica per almeno 24 ore dopo l’ultima somministrazione con cannabis per uso medico».
Chiaramente, per i pazienti che hanno la prescrizione giornaliera di cannabis è la Commissione Medica a dover valutare se – considerato il basso dosaggio – il soggetto sia idoneo alla guida.
Detto questo, inoltre, v’è da osservare come molto spesso i pazienti che consumano cannabis terapeutica trovano giovamento anche con farmaci con una prevalente base di CBD, ovvero un elemento costitutivo della cannabis che non ha efficacia psicoattiva e che, a quanto pare, può anche migliorare l’abilità di concentrazione.
In conclusione, è possibile affermare che – non essendo previsto un espresso divieto di guida dopo l’assunzione di farmaci a base di cannabis – il paziente deve responsabilizzarsi e mettersi al volante solamente dopo aver fatto trascorrere un lasso temporale tale da ritenersi pronto a guidare con riflessi tali da evitare il rischio di incidente.
3) È possibile conseguire la patente di guida ovvero ottenerne il rinnovo nel caso di assunzione di farmaci a base di cannabis?
È necessario sfatare un falso mito: i medicinali a base di cannabis sono farmaci a tutti gli effetti e riteniamo che essi debbano seguire la sorte clinico-scientifica che gli spetta, anche per quanto riguarda l’argomento patente/cannabis.
Quanto appena detto, infatti, trova fondamento nella legge, ovvero nell’Allegato III del decreto legislativo n. 59 del 18.04.2011
In particolare, ai sensi del paragrafo “F.2.1”:
– “Gruppo 1”: «La patente di guida non deve essere né rilasciata né rinnovata al candidato o conducente che abusi o faccia uso abituale di qualsiasi medicinale o associazione di medicinali nel caso in cui la quantità assunta sia tale da avere influenza sull’abilità alla guida. La relativa valutazione della sussistenza dei requisiti di idoneità psicofisica per la guida di veicoli a motore è demandata alla Commissione medica locale».
– “Gruppo 2”: «La Commissione medica locale tiene in debito conto e valuta con estrema severità i rischi e pericoli addizionali connessi con la guida dei veicoli che rientrano nella definizione di tale gruppo. La validità della patente, in questi casi non può essere superiore a due anni».
Dunque, in disparte il prevedibile giudizio di “estrema severità” della Commissione Medica Locale, è certamente possibile che il paziente che assuma cannabis possa essere ritenuto idoneo alla guida in quanto il farmaco assunto non incide sull’abilità alla guida.
4) Quale è il ruolo dell’assistenza dell’avvocato in occasione delle visite in Commissione Medica Locale?
Durante la visita in Commissione Medica Locale non è prevista la presenza dell’avvocato ma, per la nostra esperienza, certamente la preventiva consulenza può fare la differenza: l’ordine dei documenti medici e la spiegazione all’assistito di aspetto medico-legali può certamente agevolare la “performance” della visita in Commissione.
5) Quale è il rimedio giuridico contro la decisione della Commissione Medica Locale di inidoneità alla guida di un paziente che consuma cannabis con prescrizione medica?
Contro il giudizio di inidoneità alla guida della Commissione Medica Locale è possibile presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale entro 60 giorni dal verdetto.
L’obiettivo difensivo è quello di dimostrare come il giudizio negativo della Commissione Medica non consenta di comprendere se la quantità di cannabis assunta dal nostro assistito, su prescrizione medica e per scopi esclusivamente terapeutici, sia tale da influire sulla sua abilità alla guida.
In alternativa, il conducente che non condivide il giudizio emesso dalla Commissione Medico Locale può effettuare (a sua richiesta ed a sue spese: il costo varia da Euro 250,00 ad Euro 500,00) una nuova visita medica presso un’Unità Sanitaria Territoriale di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana).
In tale occasione, possiamo affermare che – nella maggioranza dei casi – è possibile richiedere la presenza di un proprio medico al fine di intraprendere un dialogo più completo e proficuo di quello seguito in Commissione Medica.
La consegna del nuovo certificato presso gli Uffici della Motorizzazione Civile deve avvenire entro 120 giorni dalla data del giudizio espresso dalla Commissione Medica Locale: il termine di 120 giorni può essere riconsiderato qualora gli eventuali ritardi siano imputabili ai tempi di attesa per l’espletamento della visita medica.
6) Quali sono le possibilità di assoluzione nel caso in cui ad un paziente venga contestato il reato di guida sotto l’effetto di sostanza stupefacente?
L’articolo 187 Codice della Strada prevede che, ai fini della punibilità, il conducente deve essere alterato (ovvero manifestare la tipica sintomatologia tale da far presumere un’inidoneità alla guida) e, congiuntamente, deve esser dimostrata scientificamente l’assunzione di sostanza stupefacente (esame sangue/urine).
Nel caso di un paziente, chiaramente, tale ultimo accertamento appare (quasi) inutile: egli è certamente positivo alla cannabis in quanto l’assume per scopo terapeutico! Differente, invece, è la critica difensiva per lo stato di alterazione: con riguardo a tal ultimo requisito, infatti, è opportuno che il paziente (soggetto a controllo su strada) insista sin da subito affinché in ospedale sia sottoposto a visita medico-legale al fine di accertare, qualora sussistente, il suo stato di lucidità e di orientamento nello spazio.
In ultimo, qualora il paziente sia dotato di ricetta in corso di validità e non sia stato trovato nello stato di alterazione alla guida ma (chiaramente) positivo alla cannabis, sarà necessario immediatamente prendere contatto con la magistratura al fine di ottenere una rapida archiviazione del procedimento penale.
7) Tanti pazienti con regolare prescrizione di cannabis lamentano grosse difficoltà relative alla patente. Cosa vi sentite di consigliare loro?
Riteniamo che, qualora si dissenta dal giudizio della Commissione Medica Locale e vi sia una lesione della propria libertà di movimento, l’azione giudiziaria sia l’unica strada disponibile anche al fine di contribuire a creare dei precedenti utili nella materia della cannabis per uso terapeutica.
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