Cronache della Green Rush – Episodio Sette

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Ogni episodio del blog è corredato da un album di musica che ho sentito risuonare nei campi americani durante il raccolto e da alcune foto originali che ho scattato negli anni che vi ho trascorso. L’intento è quello di creare un’esperienza multisensoriale che possa catapultarvi nelle piantagioni della Green Rush.
Fraga USA Cannabis
Riccardo Giorgio Frega

In Italia la lotta per legalizzazione è talmente ad uno stato embrionale che sembra il dibattito non sia adeguatamente focalizzato su quegli aspetti che sono i più rilevanti e fondamentali.

Se il fronte antiproibizionista è, più o meno, compatto nel chiedere a gran voce che la cannabis venga depenalizzata e ne vengano consentite la coltivazione e la vendita, molta più confusione, e molte più fazioni, si creano quando si discute sul tipo di legalizzazione che vorremmo per il nostro Paese. Eppure è proprio questo il nocciolo della questione.

Ancora una volta non serve fervida immaginazione, basta analizzare con attenzione le leggi che sono state promulgate nelle nazioni che hanno legalizzato e che effetti hanno avuto, nel corso degli anni, sui mercati e sulla società.
Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, i singoli Paesi hanno scelto spesso tipologie molto diverse tra loro di legalizzazione, ottenendo, come prevedibile, risultati altrettanto differenti.

In alcuni si è scelto di rilasciare un numero limitato o calmierato di licenze, chiedendo ai siti produttivi di rispettare standard tecnologici e sanitari estremamente elevati e applicando politiche fiscali molto rigide sia sulla produzione che sulla vendita. Questi modelli hanno teso inevitabilmente a privilegiare i grossi investitori di capitali e le multinazionali farmaceutiche e del tabacco. È questo il caso dello Stato di Washington e, soprattutto, della California.

Tra i vari modelli di legalizzazione americani ce n’è uno che spicca, però, per originalità e grande egualitarismo: è quello dell’Oregon.
Come per tutti gli Stati, anche in Oregon la legalizzazione è iniziata con la cannabis terapeutica. L’Oregon Medical Marijuana Program (o OMMP) venne approvato nel 1998 ed introdusse un concetto unico nel suo genere.
Un paziente può chiedere accesso al programma e, dietro rilascio di regolare prescrizione medica, ottenere una Medical Marijuana Card, che lo autorizza a possedere e coltivare cannabis per la propria terapia ma che gli consente anche di designare un produttore, che sarà quindi autorizzato a coltivare per il suo esclusivo fabbisogno medicale.

Funziona così: John è affetto da sclerosi multipla ed è in possesso di una Medical Marijuana Card ma non ha tempo, voglia né la possibilità di coltivare per sé e presso il proprio domicilio. Il suo migliore amico si chiama Jack e ha un bel campo assolato nella sua proprietà. Jack registra il suo campo come “sito di coltivazione medica”, ottiene la licenza pagando 200$ di iscrizione al programma, ed è autorizzato ad avere fino a 12 piante mature contemporaneamente sulla sua proprietà (ricordate: stiamo parlando di piante enormi). 

Quando il raccolto di Jack sarà maturo, dopo averlo essiccato e lavorato, lo porterà in uno dei tanti laboratori di analisi sparsi per il Paese, lo farà etichettare per assicurarsi che rispetti gli standard richiesti, e lo venderà a John. Semplice.

Se è vero che oggi questo sistema è stato reso parzialmente obsoleto dal fatto che l’Oregon ha legalizzato la cannabis anche per scopi ricreativi (sono infatti diminuiti negli ultimi anni gli iscritti all’OMMP), gli effetti che ha avuto sul mercato locale sono peculiari e ancora ben visibili.

Secondo le ultime statistiche rilasciate dall’Oregon Health Autority (Gennaio 2020), nonostante un produttore possa scegliere di produrre cannabis per più di un malato contemporaneamente (fino ad un massimo di 8), su un totale di 10.511 coltivatori registrati, ben 9.487 stanno coltivando per un solo paziente.

Capite questo che cosa significa?
Che di questo modello di legalizzazione hanno beneficiato anche piccoli grower e aziende agricole a conduzione familiare.
Quanto affermo è visibile anche ad occhio nudo a chiunque abbia voglia di farsi un giro in macchina nella splendida cornice delle campagne locali. Ciò che vedrete sarà un panorama costellato di piccole piantagioni, semplici fattorie circondate da alberi di cannabis ed una vivace scena popolata da normalissime famiglie che vivono coltivando marijuana.

Naturalmente questo non significa che non ci siano anche le grandi multinazionali che investono in campi e serre enormi. Ci sono eccome. Significa però che il tipo di legalizzazione scelta laggiù ha dato una opportunità a tutti, anche ai più deboli.

Se anche voi pensate, come me, che sia questo l’obiettivo da perseguire, una legge che non vada ad esclusivo beneficio delle farmaceutiche, ma che possa essere una concreta risorsa per tutti, la prossima volta che parlate pubblicamente di legalizzazione, dovreste portare l’esempio del piccolo e semisconosciuto Stato dell’Oregon.

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