Di Federica Valcauda
La guerra alla droga, come visto che in articoli precedenti, porta con sé delle implicazioni collaterali rispetto a vari temi, tutti strettamente intrecciati tra loro.
Il punto da cui partire però resta sempre quello dell’ipocrisia delle istituzioni, abituate a voltarsi dall’altra parte o restie a prendersi qualsiasi tipo di responsabilità rispetto ad una seria e strutturata regolamentazione.
In Italia ad oggi è stato fatto poco o nulla: regolamentazione della cannabis medica (che vede comunque dei vuoti e negligenze), obbligando i pazienti alla ricerca in vie alternative per l’approvvigionamento della medicina; depenalizzazione dell’uso della cannabis, che comunque porta con se rilevanti limiti per la persona come le sanzioni amministrative, corredate da multe, e in molti casi la restrizione delle libertà individuali come il sequestro del passaporto; l’impossibilità ad oggi secondo legge di poter autoprodurre il proprio fabbisogno di cannabis.
Di fatto quindi i vuoti restano e le sanzioni rimangono, all’interno di un meccanismo che continua ad avvantaggiare la criminalità organizzata che nonostante lo stop forzato, è l’unica “impresa” a non aver subito cali di trend dei consumi come rilevato da Europol.
L’Aduc inoltre, in un articolo dell’8 Giugno, ci informa sul voto che ci dovrebbe essere a Dicembre in sede OMS, che ha raccomandato di modificare le legislazioni sulla Cannabis.
Le opzioni riportate da Aduc sono sostanzialmente tre: meno restrizioni sulla cannabis medica continuando però a proibire la ricreativa; una riforma del CBD, tenendo fuori quindi il valore dell’intera pianta o, come ultima alternativa, il mantenimento dello status quo.
Anche queste opzioni non sono soddisfacenti, nel metodo e nel merito, in quanto non si pone un freno ai mercati della droga che nonostante le difficoltà di questo periodo hanno riaperto i loro canali, e non li hanno mai interrotti durante il lockdown trovando metodi differenti di distribuzione.
La legalizzazione della cannabis nel mondo è ad oggi a macchia di leopardo, in contrasto con il Rapporto della Commissione Globale sulle politiche della droga, che auspica un approccio globale al problema della criminalità organizzata.
Il rapporto inoltre consiglia la depenalizzazione di tutte le droghe, argomento che non viene mai toccato dalle istituzioni e, come spesso accade, in un’ipocrisia tracotante che non tiene conto della salute e della sicurezza dei cittadini.