Continuano le chiacchierate con i nostri amici canapicoltori: oggi vi portiamo a conoscere Radici Farm!
Ci introdurresti al progetto Radici Farm?
Si tratta di un’azienda di Marcianise, in provincia di Caserta, formata da me e da mio fratello, anche se veniamo da una storia lavorativa un po’ diversa.
In precedenza, infatti, eravamo nel settore alimentare, ma, quando nostro padre si è avvicinato all’età pensionistica, ci siamo guardati intorno alla ricerca di alternative che permettessero condizioni di vita più agevoli, in grado di permetterci di passare il maggior tempo possibile con le nostre famiglie.
Come detto, veniamo da Marcianise, che può essere definita una piccola capitale della canapa: qui da noi ci sono addirittura dei canti popolari dedicati alla pianta.
Il terreno è ricco di minerali e molto drenante, offrendo condizioni di coltivazione ottimali.
A questo si è unita la nostra passione per la Cannabis.
Iniziammo per scherzo, pensa che inizialmente dovevamo aprire un ristorante a Milano.
Mia nonna e il mio bisnonno avevano lavorato la canapa da sempre, e a seguito di una scommessa mi sono ritrovato a produrre le mie prime piante.
Senza accorgersene, ci siamo trovati a gestire un’azienda con più dipendenti, ed abbiamo creato una nostra seeds bank, con semi che nell’ultimo anno sono stati coltivati da diverse farm.
Oltre alla vendita, abbiamo fornito anche assistenza per la coltivazione, infatti alcune di esse hanno deciso di produrre solo ed esclusivamente per noi.
Il settore dei canapicoltori è spesso oggetto di ostruzioni e complicazioni.
Ci racconteresti cosa è successo al Canapa Mundi 2023?
Abbiamo subito videosorveglianza costante.
Il primo giorno di fiera abbiamo subito controlli da parte della polizia, il secondo da parte della finanza.
Il tutto per le stesse infiorescenze, le cui analisi erano risultate regolari.
Il terzo giorno subiamo un nuovo controllo, con successivo sequestro, su genetiche già analizzate e risultate negative nei giorni precedenti.
In tutto ciò, non ci hanno spiegato in che modo sono state condotte le analisi, e non abbiamo potuto avere delucidazioni neanche sulle tempistiche.
Dopodiché, ci siamo rivolti al nostro legale di fiducia, l’avvocato Lorenzo Simonetti, e a seguito del suo intervento il procedimento è stato archiviato.
Credo che oramai sia diventata una sfida da parte dello Stato, vedasi il ricorso al Tar del Lazio, così come che, in molti casi le forze dell’ordine non abbiano idea di cosa si trovino davanti, quindi come intervenire in maniera appropriata.
Tutto ciò al netto del fatturato prodotto dal settore, composto da imprenditoria giovane.
Al netto di questo, quali sono invece i riscontri da parte della clientela?
I feedback sono ottimi, anche se vorrei chiarire un punto: ritengo che la concezione e l’accettazione della pianta sia legata anche al contesto sociopolitico, in particolare dal momento che parliamo di una pianta che ha alcuni principi attivi legali e altri illegali.
Spesso può capitare che un cliente che non ha a dimestichezza con il prodotto si ritrovi coinvolto in situazioni spiacevoli, ed ecco perché il ruolo divulgativo di noi operatori diventa fondamentale.
Il sostegno alla pdl di Meglio Legale è indice della necessità di un cambio di passo in merito alla regolamentazione della Cannabis. Quali sono le tue aspettative?
Le politiche italiane non sono mai state liberali da questo punto di vista, tanto da destra quanto da sinistra.
Che il momento politico non sia dei migliori per portare avanti l’istanza antiproibizionista mi sembra evidente, ma, allo stesso tempo, si tratta di una battaglia fortemente percepita da diversi strati sociali, in particolare presso le fasce d’età più giovani.
La cosa più importante è fare formazione, in modo da formare uno spirito critico condiviso, decisivo al fine di arrivare a un risultato.
#IoColtivo da questo punto di vista rappresenta un ottimo primo passo.
Secondo te, in che modo il settore della canapa a uso industriale può agevolare un processo di totale legalizzazione?
Oggi, secondo me fare il canapicoltore è una missione: ecco perché penso che rispettare i criteri di produzione sia fondamentale, anche e soprattutto in un’ottica di tutela del cliente.
Nel momento in cui si viene a creare una filiera controllata, i prodotti guadagnano in qualità e si rendono meno dannosi.
Penso che un’azione in grado di rivestire un ruolo di primo piano consisterebbe nella creazione di enti finalizzati alla certificazione per garantire al cliente che il prodotto è stato coltivato senza l’utilizzo di elementi dannosi e nocivi per l’essere umano, in modo da assicurare i migliori standard qualitativi possibile.
Si tratta senza dubbio di un investimento economico, ma rappresenta un impegno soprattutto da parte del canapicoltore.
NdA: poiché nell’intervista si parla della tradizione della coltivazione della canapa nella provincia di Caserta, vi lasciamo con una piccola chicca, tratta dal Giornale Luce del 14/10/1936!
https://www.youtube.com/watch?v=rj1YoTKqG8g&t=1s