Di Barbara Bonvicini
“Questa interrogazione ha per soggetto, e voglio farne l’elogio, cittadini che, a differenza di questa Giunta, ci mettono la faccia; e di loro voglio parlare.”
La campagna #iostoconWalter fa il suo ingresso nell’Aula del Consiglio regionale della Lombardia con l’interrogazione del Consigliere radicale Michele Usuelli, sullo stato di avanzamento dei lavori di una mozione, a sua prima firma, che avrebbe dovuto avviare la produzione di Cannabis terapeutica in regione.
Era il 4 dicembre 2018 quando i consiglieri lombardi votavano all’unanimità l’impegno, in capo alla Giunta e alla direzione generale Welfare, di introdurre misure concrete per la formazione di medici prescrittori, di monitorare l’effettivo fabbisogno di farmaco in Lombardia e di istituire un tavolo di lavoro con i Ministeri competenti al fine di avviare la produzione di farmaci cannabinoidi in territorio regionale.
A due anni da quel voto, è sempre Usuelli che dai banchi dell’opposizione denuncia il silenzio e l’immobilismo sul tema della cannabis ad uso medico da parte di Regione Lombardia, rivolgendo l’interrogazione all’Assessora Letizia Moratti, assente duranti la seduta.
“Ho incontrato una signora di ottant’anni con cefalea che è costretta a rivolgersi ai pusher in strada, il padre di un malato tetraplegico mi ha raccontato che potrebbe andare a comprare il farmaco in Svizzera, ma ove fermato alla dogana rischierebbe un processo per spaccio internazionale – prosegue Usuelli illustrando la richiesta di informazioni – e conosciamo tutti Walter De Benedetto perché più di tutti ci ha messo la faccia, malato di artrite reumatoide, rinviato a giudizio martedì scorso per qualche pianta che coltivava perché il Servizio Sanitario toscano non gli forniva farmaco a sufficienza per la sua terapia.”
Ogni persona che in Italia si cura con cannabinoidi ad uso medico conosce questa realtà, frutto di un mix tra disorganizzazione, miopia e menefreghismo istituzionale che porta a sottostimare sistematicamente il fabbisogno dicannabis in rapporto ai pazienti con prescrizione.
Secondo l’INCB (International Narcotic Control Board, ente mondiale che monitora il consumo di stupefacenti medici che vengono prescritti negli Stati) l’Italia nel 2020 avrebbe avuto un fabbisogno di stimato di 1950 kg di cannabis medica, ma il Ministero della Salute ha provveduto ad un approvvigionamento della metà del quantitativo. Approvvigionamento che peraltro costa milioni sia in finanziamenti all’Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze, incapace in questi anni di rispettare i ritmi di produzione richiesti, sia in spese di importazione dall’estero della quasi totalità del farmaco distribuito dalle farmacie.
A seguito della mozione approvata nel 2018, si erano mosse oltre 20 aziende che, accolte negli uffici del gruppo più Europa/Radicali in consiglio regionale, avevano presentato piani di investimento da 3 a 20 milioni di euro ed erano pronte ad avviare una produzione di centinaia di chili non appena i Ministeri e Regione Lombardia avessero definito le regole e le linee guida ad hoc.
Se è vero che “non si crea lavoro per decreto” è vero anche che con atti di indirizzo precisi si possono creare le condizioni favorevoli allo sviluppo di una filiera di coltivazione di cannabis medica da parte di aziende private che, secondo recenti stime, porterebbe un reddito da 1,4 miliardi di euro e consentirebbe la creazione di 10mila posti di lavoro.
Regione Lombardia dovrà attivarsi per dare seguito a un suo dovere e prendere contatti con chi ha il potere di modificare la produzione, specificamente il ministero della Difesa e quello della Sanità, che in questi anni sono stati gravemente manchevoli. Continueremo a pretendere che vengano definite le regole e le linee guida necessarie ad aprire la produzione a soggetti diversi dall’istituto militare di Firenze: è necessario per tutelare il diritto alla salute di migliaia di pazienti, ma anche per lo sviluppo economico di questo Paese.