Di Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani
Quella della legalizzazione della cannabis è una battaglia molto lunga che i radicali portano avanti da tantissimi anni, una questione che investe moltissimi temi compreso il rapporto tra la mafia e il proibizionismo.
Ogni volta che in televisione si parla di questioni relative alla sicurezza dei territori e di mafia la voce antiproibizionista è una voce che non esiste; in tutti i programmi che parlano di questi problemi, i quali attanagliano ogni giorno milioni di cittadini, sentiamo solo la voce proibizionista e sicuritaria che parla unicamente di più polizia, più repressione e più controlli nelle case e nelle scuole.
Eppure vediamo ogni giorno come le strade e le piazze di moltissime città italiane vengano occupate dagli spacciatori e dalla criminalità organizzata, un problema di cui non si può parlare a causa del tabù che lo investe e che non riesce a entrare nelle case degli italiani se non sporadicamente, come è avvenuto ad esempio con la serie televisiva Gomorra.
A tutto ciò continuiamo a dare sempre la solita risposta e non si prende nemmeno in considerazione la possibilità di approntare soluzioni antiproibizioniste: non solo per quanto riguarda la questione della cannabis, ma anche per quanto attiene alle droghe pesanti e alla prostituzione.
Anche i momenti più alti di lotta alla mafia, come il maxi processo di Palermo e la mobilitazione delle istituzioni dopo la morte di Falcone e Borsellino, sono riuscite a sconfiggere la mafia solo in parte. La camorra, la mafia e l’ndrangheta non sono scomparse, ma perché?
Perché l’economica dietro agli affari delle criminalità organizzate non permette alla politica repressiva di essere efficace, con la conseguenza che il messaggio che dobbiamo far passare è quello di colpire l’economia criminale tramite la legalizzazione. Non basta arrestare i capi, non basta fare più controlli o più sequestri, ma bisogna legalizzare.
Perché la legalizzazione ha risvolti su innumerevoli temi. Conosciamo il problema della giustizia italiana: decriminalizzare questi reati significherebbe avere una giustizia che funziona meglio; significherebbe avere delle forze dell’ordine con più risorse per occuparsi delle altre forme di criminalità, ma significherebbe anche avere delle carceri che vedrebbero un drastico ridimensionamento del proprio sovraffollamento.
Inoltre l’anno prossimo andremo al voto in moltissime città come Roma, Torino, Milano e Bologna. Spero che in quel dibattito, quando si parlerà del problema delle periferie, non si dirà di affrontarlo come si sta facendo attualmente. Quelle ricette sono fallite e le uniche che sono in grado di affrontare seriamente la questione sono quelle antiproibizioniste.
Concludo annunciando stiamo preparando una manovra economica dei diritti, nata da un’idea di Giulia Crivellini. Attraverso questa operazione vogliamo quantificare gli introiti che la legalizzazione delle droghe leggere, la legalizzazione delle droghe pesanti, la legalizzazione della prostituzione e la regolarizzazione degli immigrati potrebbero portare alle casse statali. Basti pensare che l’Istat ha ultimamente affermato che tutta l’economia sommersa vale almeno 11.9 punti del Pil, evidenziando la presenza di risorse che potrebbero andare a beneficio di tutta la collettività ma che ci rifiutiamo di prendere anche solo in considerazione.
Spero davvero che questo dibattito venga portato avanti su materie così importanti, che riguardano anche le nostre periferie e che interessano la vita di milioni di cittadini italiani.