La campagna elettorale per le elezioni regionali pugliesi non può evitare il tema della lotta alla mafia e – di conseguenza – quello delle proposte di gestione del mercato delle sostanze stupefacenti. Solo pochi giorni fa la Guardia di Finanza ha effettuato sul Gargano uno dei più grandi sequestri di cannabis: 5.100 piante che – una volta piazzate sul mercato nero – avrebbero fruttato oltre 9 milioni di euro. Il ritrovamento è avvenuto in una località tra i comuni di San Nicandro e San Marco in Lamis, un’area che da alcuni anni fa da scenario alle sanguinose guerre tra i clan garganici.
Questo episodio è solo l’ultimo di una lunga serie di fatti criminosi, che segnalano l’ascesa e le ambizioni della criminalità pugliese. Infatti, il potere di una mafia dipende dalla grandezza del suo narcotraffico, e non è un caso che, come segnala la Direzione nazionale antimafia, le organizzazioni criminali pugliesi – dalle foggiane, alla camorra barese, alla Sacra corona unita – abbiano incrementato il traffico di sostanze stupefacenti. Un traffico alimentato prevalentemente dalle produzioni albanesi di cannabis sull’altra sponda dell’Adriatico.
La Puglia, infatti, costituisce la porta d’ingresso per i cospicui flussi di cannabis e per quelli minori di eroina, sostanze che continuano ad essere costantemente importate in territorio nazionale, nascoste su autovetture ed autoarticolati imbarcati su traghetti di linea provenienti dall’Albania e dalla Grecia o all’interno di carichi di copertura costituiti da massi di pietra grezza modificati ad hoc. Ma, come emerso anche dal maxi sequestro sul Gargano e da altre indagini nell’area di Trinitapoli, è dimostrato che in alcuni casi le organizzazioni criminali preferiscono realizzare coltivazioni in proprio di ampie piantagioni di cannabis.
Insomma, il territorio pugliese svolge un ruolo centrale nel traffico illegale delle sostanze, e un ruolo di primissimo piano nel traffico della cannabis. Tutto questo ha dei risvolti diretti sulla vita di ogni cittadino: il narcotraffico, infatti, è l’attività più redditizia che esista. Una piccola parte dei ricavi viene reinvestita in attività illegali (come acquisto di armi) ma oltre l’80% degli introiti viene riciclato nel mercato legale.
Con quei proventi le mafie mettono le mani su bar, ristoranti, supermercati, alberghi: rendendo impossibile le attività di chi voglia operare legalmente in questi settori. Mettendo a rischio il nostro stesso sistema democratico. Provvedimenti come quello della legalizzazione della cannabis chiuderebbero almeno in parte i rubinetti alle mafie, e toglierebbero loro potere.
Certo, si tratta di un tema che supera le competenze regionali, ma chi si candida al governo di questa Regione deve sapere che non può eludere la questione.
C’è un candidato alle prossime elezioni disposto a raccogliere questa sfida? C’è un candidato consapevole che la lotta alle mafie pugliesi è un tema imprescindibile? C’è un candidato che possa affermare che la legalizzazione della cannabis renderebbe più libera una regione come la Puglia?
A livello nazionale da mesi ci stiamo muovendo in questa direzione attraverso la campagna Meglio Legale che mira ad aprire un dialogo serio e responsabile sul tema della produzione, vendita e consumo degli stupefacenti.
Lo abbiamo fatto coinvolgendo decine e decine di parlamentari di schieramenti diversi, ma pensiamo che anche le istituizioni locali possano e debbano fare la propria parte su una questione sociale così rilevante. Per questo speriamo che anche nella partita che si gioca in Puglia qualcuno decida di prendere la parola sul tema e di affermare che, finora, il proibizionismo ha fatto solo gli interessi delle mafie.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro.
Antonella Soldo,
coordinatrice di Meglio Legale