Di Federica Valcauda
Il nuovo libro del giornalista dell’Espresso Giovanni Tizian ci riporta ad un problema antico ed intricato per il nostro paese: la mafia.
Mafia che negli anni è mutata, rendendosi abile nel cambiare pelle ogni qualvolta ce ne fosse bisogno, rendendo efficienti gli strumenti in suo possesso.
Il focus del libro si concentra sul ruolo che la mafia sta avendo durante questo periodo di emergenza, intaccando molti settori economici grazie all’enorme capacità di capitali accumulata in questi anni.
Le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale creano delle storture di mercato, contestualmente rendono quindi difficile la concorrenza agli imprenditori che vivono nella legalità.
La maggior parte dei capitali arriva dalla vendita delle droghe, e per chi pensava che questo lockdown avrebbe provocato delle difficoltà alle mafie, non aveva fatto i conti con la capacità di saper creare un fondo di magazzino in grado di far fronte alle emergenze.
Se è vero che lo stop ha creato un rallentamento e dei cambiamenti nelle modalità consuete di vendita, è anche vero che la strategia di scambio si è modificata:
il servizio è diventato delivery con le richieste via sms, e c’è stato un incremento di acquisti sul dark web in cui negli ultimi mesi sono aumentati gli annunci di vendita delle sostanze stupefacenti.
Le mafie presumibilmente non gestiscono in modo diretto i canali del dark web, ma certamente se ne servono per portare avanti i loro affari; da questo punto di vista anche la Commissione Globale delle Politiche sulla droga ha evidenziato la necessità di controllo sulle criptovalute, utilizzate all’interno del mercato nero via web.
Il libro di Tizian è utile per darci una panoramica su ciò che il proibizionismo ha creato nel tempo: un fondo di capitali in grado di inserirsi nell’economia legale, bypassando i controlli e la legalità di principio.
Pensate se non fossimo stati soggetti a secoli di antiproibizionismo e ipocrisie.