di Federica Valcauda
Nelle scorse settimane è stata rilasciata dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) la relazione annuale sulla droga, in cui si guarda al fenomeno delle sostanze in modo globale. Il report è suddiviso in sei opuscoli, ognuno suddiviso per temi specifici, dalla domanda di sostanze e i trend mondiali, ai mercati suddivisi per ogni diversa sostanza.
La molteplicità dei temi trattati all’interno del report ci obbliga a suddividere, anche all’interno del nostro blog, le varie tematiche.
Il punto di partenza, anche del report, parte dall’impatto del Covid-19 sulla popolazioni e le conseguenti implicazioni politiche.
I risvolti legati al Coronavirus, come più volte ripetuto in questi mesi, potrebbero avere un effetto negativo sulle fasce di popolazione più deboli della popolazione, se gli Stati non attueranno misure specifiche. Proviamo a capire meglio, riportando un punto importante del report in questione: “L’aumento della disoccupazione e la mancanza di opportunità potrebbero far si che le fasce più povere della popolazione aumentino il consumo problematico di droga, o inizino ad operare in settori illegali delle sostanze, dalla produzione al traffico di sostanze”.
Se è vero che, come si legge all’interno della relazione, il consumo delle sostanze (in particolare cocaina) è in aumento nei paesi già sviluppati, è anche vero che i disordini dovuti alla droga derivano da quelle fasce di popolazione più povere e meno emancipate economicamente. Fasce povere che esistono anche nei paesi sviluppati.
Riducendo il rapporto delle Nazioni Unite su scala locale, possiamo riflettere sulle possibilità lasciate nelle mani della criminalità organizzata del nostro paese: da una parte esiste la concreta possibilità di affiliare a sé nuove persone, con l’illusoria possibilità di poter fare denaro in modo semplice. Dall’altra parte esiste la concreta possibilità che le fasce povere della popolazione aumentino il consumo problematico: se questo avvenisse, gli Stati dovrebbero attuare delle serie e strutturate politiche di prevenzione.
Parliamo evidentemente di prevenzione perché, come diciamo da sempre, la repressione attuata in questi anni di proibizionismo non ha fatto altro che aumentare l’uso delle sostanze, in controtendenza rispetto a ciò che si aspettavano i tanti proibizionisti. Il report inoltre all’interno del primo opuscolo rileva come la Cannabis sia di fatto la droga più utilizzata, quella che “porta le persone a contatto con la criminalità organizzata”.
La rilevazione di questo dato anche a livello globale, ci porta a dire ancora una volta che la legalizzazione di questa sostanza non solo toglierebbe introiti economici a chi opera all’interno dei mercati illegali, ma potrebbe tenere lontane le persone anche dalle altre sostanze che vengono vendute nelle piazze di spaccio.
Prendere coscienza di questo è un primo passo verso politiche di prevenzione ed uso consapevole, sempre nell’ottica di riconoscere la cannabis come droga leggera, al pari degli alcolici, il cui uso oggi è legale e regolamentato.