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CANNABIS: La California ci dice cosa non va fatto

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Di Tommaso Emiliani

Nel mondo gli stati che hanno legalizzato il consumo e la vendita della cannabis sono sempre di più e in vista della prossima e possibile regolamentazione da parte dell’Arizona, del New Mexico, di New York e del New Jersey ci siamo chiesti come stesse andando in California, stato precursore insieme al Colorado nell’attuazione di questa importantissima misura.  Sono ormai 4 anni che in California la cannabis è stata legalizzata, una decisione che ha reso possibile raggiungere moltissimi risultati positivi grazie al miliardo di dollari entrati nelle casse dello stato ogni anno. Nonostante questo, però, bisogna rilevare che non tutto è oro quello che luccica e alcune ripercussioni negative sono venute in rilievo, soprattutto, in merito alla gestione dei proventi derivanti da questo settore.

Da un articolo di Forbes si apprende, infatti, che l’incapacità della polizia di proteggere i commercianti di cannabis dal mercato illegale, cresciuto di pari passo con la regolamentazione avvenuta nel 2016, e le eccessive tasse imposte sia a livello nazionale che locale, stanno mettendo in seria crisi gli imprenditori di questo settore. Motivo per cui, sono sorte a più riprese richieste non solo per abbassare la tassazione sui commercianti, ma anche per ridurre il finanziamento destinato alla “pubblica sicurezza”, il quale ammonta a circa il 20% delle entrate fiscali ricavate dal commercio di marijuana. 

Il tema riguardante le modalità di gestione delle risorse, conseguenti alla tassazione della cannabis, è un punto focale che non può essere trascurato da chiunque sia un fautore della legalizzazione e, per quanto riguarda la California, non si può dire che non siano stati commessi degli errori

Come si dice “chi è causa del suo mal pianga sé stesso” e infatti, gli autori della Proposition 64 – che ha portato nel 2016 all’approvazione dell’Adult Use of Marijuana Act – hanno seguito una strategia elettorale che ha rinvenuto tra le proprie argomentazioni più forti, la necessità di destinare alle forze di polizia una parte dei proventi derivanti dalla tassazione suddetta.

Una tattica controversa e “un rospo difficile da ingollare” – ha affermato Hezekiah Allen, direttore esecutivo della California Growers Association – ma che senza ombra di dubbio ha permesso di ottenere numerosi voti e, soprattutto, ha evitato che le lobby dei poliziotti conducessero una dura campagna elettorale del terrore.

Questa scelta di gestione ha oggi condotto ad una situazione critica: in seguito al generale abbassamento dei consumi, cui si è assisto con la diffusione del covid-19, e alle sistematiche rapine avvenute nel contesto delle proteste per la morte di George Floyd, molti commercianti si sono ritrovati al collasso e si sono scagliati ancora una volta e con un certo livore verso le forze di polizia, accusate di non essere capaci di garantirne la sicurezza. Alla luce dell’emergenza sanitaria tutt’ora vigente, i casi di omissione da parte dei poliziotti di fronte alle chiamate dei commercianti e la concorrenza sleale esercitata dai cartelli delle criminalità organizzate, hanno riacceso l’annosa questione se quei soldi non potessero essere destinati ad ambiti più proficui.

Grazie all’esperienza Californiana abbiamo quindi l’occasione di arricchire il nostro dibattito interno in questa materia, adottando, nell’evenienza di una futura regolamentazione nell’uso della cannabis, quelle misure idonee a scongiurare il pericolo derivante dalle criminalità organizzate presenti sul nostro territorio. Le iniziali forti detassazioni per gli imprenditori che si approcciano in questo ambito e la corretta gestione delle risorse, sono fattori essenziali per consentire a questo settore di svilupparsi efficientemente e di dare quei grandiosi frutti di cui molti ambiti, sia pubblici che privati, potrebbero godere. 

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