In vista del 26 Giugno, giornata mondiale contro abuso e traffico illecito di droghe, il Dipartimento Politiche Antidroga ha pubblicato la nuova Relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze, il documento annuale tramite cui l’esecutivo riassume le tendenze nazionali in materia di consumi e traffico di sostanze illecite, così come delle implicazioni giuridiche e sanitarie.
Se già la relazione del 2024 aveva dato adito a diverse critiche per l’esiguità e l’imprecisione delle informazioni presentate, l’ultima edizione aggiorna in maniera significativa l’elenco di inesattezze, omissioni e manipolazioni ad opera del DPA.
L’espressione “sforzo di sintesi ragionata”, richiamata dal sottosegretario Alfredo Mantovano nella prefazione al documento, appare infatti più che altro come una locuzione elegante per riferirsi a quanto (non) emerge dalla lettura della relazione, contraddistinta dall’assenza di dati fondamentali al fine di un’analisi delle varie dinamiche che intervengono nell’ambito del mercato nero che possa dirsi, se non proprio aderente alla realtà, quantomeno attendibile.
In particolare quando si parla di documenti istituzionali, una “consultazione agevole e chiara” – sempre citando Mantovano, presuppone in primo luogo la necessaria esaustività delle informazioni presentate, non legittima certo il ricorso a omissioni di informazioni di primaria rilevanza, perlopiù se, in considerazione dell’argomento trattato, esse si rivelano essere di pubblico interesse.
Strappare pagine non contribuisce a rendere un libro più scorrevole, casomai confusionario e incompleto.
Confuso e incompleto appare del resto quanto sostenuto in più punti da Mantovano, per esempio laddove viene rivendicato il fatto che l’approccio del governo abbia escluso nuove soluzioni normative, oppure circa le indicazioni fornite in materia di servizi pubblici per il trattamento delle dipendenze.
Né si comprende in quale modo l’Italia possa fungere da “modello per gli altri Stati sul piano delle soluzioni normative” in base al “contributo collaborativo fornito dalle varie articolazioni del sistema”.
Non ricorda forse l’autore della legge Fini-Giovanardi che, non più tardi di tre mesi fa, la Commission on Narcotic Drugs, riunita a Vienna, anche col voto dell’Italia ha deliberato per la creazione di un comitato di esperti finalizzato a ripensare il sistema globale delle politiche sulle droghe?
Si tratta della stessa commissione che, nel corso della sessione del 2024, ha indicato la riduzione del danno, neanche citata da Mantovano nella prefazione, come strumento fondamentale nella prevenzione delle overdosi letali.
Il modello che Mantovano definisce “della prevenzione, della cura e del recupero”, negli ultimi dodici mesi ha esteso il problema del sovraffollamento penitenziario anche agli istituti penali destinati ai minorenni, dato che non si registrava da oltre dieci anni. Conseguenza diretta del decreto Caivano, mentre attorno a noi la Svizzera divulga i primi risultati del progetto pilota di vendita legale di Cannabis, nei Paesi Bassi le municipalità ne regolamentano la produzione, Germania, Malta e Lussemburgo optano per una parziale legalizzazione, la Repubblica Ceca attende la depenalizzazione la coltivazione domestica.
Non che le poche statistiche presentate siano esenti da critiche: in molti casi, come ad esempio per quel che riguarda le prestazioni sanitarie per le malattie infettive, esse sono espresse in termini percentuali e non assoluti.
In merito alle stime dei consumi, ci si riferisce all’analisi delle acque reflue, metodologia non considerata di per sé indicativa da parte della comunità scientifica e applicata su un novero di sole 38 città.
Soprattutto, viene riproposta la distinzione tra utilizzo di sostanze psicoattive ed episodio di intossicazione alcolica. Due mistificazioni in un colpo solo: la differenziazione tra sostanze psicoattive e alcol (che sostanza psicoattiva è, con l’unico discrimine di potersi dire giuridicamente legale) e, di contro, un’implicita comparazione finalizzata a sottintendere che non è possibile contemplare utilizzo autoregolato di droghe illecite.
A proposito: se è vero che “nessuna persona che manifesti dipendenza vada marginalizzata”, cosa dire allora della stragrande maggioranza dei consumatori, non alle prese con utilizzo problematico?
Di loro, per il secondo anno di fila, la relazione sembra dimenticarsi: i soli numeri consultabili sono infatti riferiti alla popolazione giovanile – la quale, sarebbe opportuno ricordare a Mantovano, rappresenta nettamente la fascia minoritaria di persone interessate dal fenomeno del consumo di sostanze illecite.
Più che una scelta editoriale, che risulterebbe peraltro immotivata, un’operazione propedeutica alla progressiva marginalizzazione dal dibattito pubblico delle persone consumatrici: se l’anno scorso era stata questa l’impressione, probabilmente non ci sarà bisogno di un terzo indizio per concretizzare la prova.
La definitiva certificazione del lavoro mediocre svolto dal Dipartimento Politiche Antidroga è infine rappresentata da una questione formale, relativa alla lunghezza della relazione, riassunta in sole 64 pagine.
Un po’ pochino, per un esecutivo che non perde occasione per ribadire il suo impegno a contrasto della cosiddetta Droga, e che in meno di due anni ha prodotto norme come il decreto anti-rave, il nuovo codice della strada e il dl sicurezza, oltre al già citato decreto Caivano.
Errare è umano, perseverare diabolico.