Perché il carcere non è la pena adeguata per le condotte legate alla cannabis?

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Di Maria Petruccelli

L’obiettivo del quesito del Referendum Cannabis è duplice: intervenire sul piano delle sanzioni amministrative e su quello di rilevanza penale. Con riferimento a quest’ultimo, l’abrogazione delle pene detentive merita un particolare attenzione, in quanto si tratta di una misura che avrebbe anche un significativo impatto sul sistema giustizia e quello carcerario. 

Procediamo per ordine, partendo appunto dall’articolo 73, co 4 che prevede per i reati legati alla cannabis l’applicazione di pene ridotte, punendo attività quali la coltivazione, produzione, cessione, ecc, con la reclusione da  due a sei anni e la multa da euro 5.164 a euro 77.468*. Un esito positivo del referendum porterebbe all’eliminazione delle pene detentive restando applicabile solo quella pecuniaria, dunque la multa. 

Perché si tratta di una modifica incisiva? La maggior parte delle persone che finiscono in carcere per reati connessi alla droga sono piccoli spacciatori, spesso con problemi di tossicodipendenza e il carcere non rappresenta sicuramente l’ambiente più adeguato per il recupero di soggetti con tali problematiche, che anzi spesso rischiano di essere aggravate. 

Ma oltre a questo aspetto, che riguarda direttamente la persone, c’è un’altra considerazione da tener presente, ovvero quella relativa all’impatto che l’abrogazione delle pene detentive avrebbe sul sistema giustizia e carcerario. Infatti, le operazioni di polizia finalizzate al contrasto dei derivati della cannabis sono state 12.066, facendo della cannabis lo stupefacente più sequestrato nel nostro Paese. Essa rappresenta da sola circa la metà di tutta la droga individuata dalle Forze di Polizia nel 2020. 

D’altro lato, 1 detenuto su 3 è in carcere per reati correlati alla droga, la maggior parte legati alla cannabis. Si tratta di 18.697 persone, pari al 35% del totale dei presenti. Dunque, eliminando la pena detentiva per i reati relativi alla cannabis si avrebbe la riduzione di un terzo della popolazione carceraria, con evidenti benefici sul problema del sovraffolamento delle carceri.

Legalizzare significa anche concentrare le energie sulla prevenzione, permettendo una adeguata informazione sulla sostanza e sull’abuso, disincentivandone l’uso e allo stesso tempo favorendone un consumo consapevole e sicuro al fine di prevenire circuiti di tossicodipendenza e spaccio illegale gestito dalla criminalità organizzata.

* Le stesse attività elencate al primo comma dell’articolo 73, quando riferite a sostanze rientranti nelle Tabelle I e III, quali ad esempio la cocaina e l’eroina, sono ​invece punite con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.

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