Come è nato il proibizionismo?

Cosa trovi in questo articolo

Per scoprirlo, occorre fare un viaggio a ritroso di oltre cento anni.

Di Giuseppe Brescia

1900 – 1936

I primi passi dell’azione proibizionista vengono mossi a inizio ‘900, sotto la spinta degli USA, che, nel 1909, convocano un summit fra dodici Paesi a Shanghai. Formalmente, la motivazione è legata agli strascichi delle Guerre dell’Oppio fra Gran Bretagna e Cina.

Il conflitto fra i due Stati è da ricercarsi in motivazioni commerciali ed economiche: il Regno Unito, che produceva oppio in India sotto monopolio della corona, aveva avviato un florido mercato in Cina, la quale, ad ogni modo, da tempo chiedeva una riduzione di tali importazioni.
Gli USA, in tutto ciò, entrano in scena come terzo attore: diminuendo e stabilizzando l’attività britannica, si sarebbe aperto lo spiraglio per entrare nel business.


Esito del summit di Shanghai: “L’oppio deve essere proibito, o regolato attentamente”.

La formula “proibito o regolato”, almeno in questa prima fase, lascia spazio di manovra alle politiche nazionali: nel 1912, infatti, la Convenzione dell’Oppio de L’Aja ribadisce un regime di libero mercato, limitandosi a fissare le regole di import/export per gli oppiacei.

La stessa regolamentazione, in un secondo momento, verrà adottata anche riguardo la cocaina e, dal 1925, in merito alla Cannabis. Ad ogni modo, non c’è ancora traccia di criminalizzazione di piante e sostanze, tant’è che, sempre nel 1912, USA e Cina escono dalla Convenzione.

1936: convocata la Convenzione Per La Soppressione Del Traffico Illecito Delle Droghe Pericolose, sottoscritta da tredici Paesi.

È da questo momento in poi che alcuni reati diventano crimini internazionali. Siamo a un anno dal 1937, che sancirà il divieto globale della Cannabis. All’interno di questo quadro, conflitti e resistenze erano presenti fin dall’inizio, a partire dalle potenze coloniali europee, contrarie al divieto dell’utilizzo non medico.
A questo, occorre aggiungere le motivazioni sociali, nazionali e razziali.
Nonostante i divieti avessero ormai assunto carattere mondiale, c’è un aspetto da evidenziare: l’oppio, a discapito di cocaina e Cannabis, rimane la sola sostanza che, per lungo tempo, manterrà legalmente le sue applicazioni mediche. La stessa sostanza che si intendeva criminalizzare.

1961 – 1988

Dopo il 1936, la strada che porta alla Convenzione del 1961 è ideologicamente asfaltata. Alcune fra le conseguenze e le problematicità: lo strumento penale messo “al servizio” della salute pubblica e l’esclusione del tema droghe dal dibattito sociale e politico.

La Convenzione del 1961 è quella che plasma le politiche proibizioniste per come le conosciamo oggi. L’impegno è infatti quello di eradicare la coltura delle piante da cui sono tratte sostanze psicotrope, consentendo coltivazione, produzione e distribuzione ai soli fini medici.
Gli USA, nel frattempo, hanno fatto prepotentemente ritorno. L’influenza statunitense si concretizza e rafforza nel 1971: da una parte Nixon dichiara la War on Drugs, dall’altra una nuova Convenzione aggiorna quella del 1961, estendendo il divieto a oltre 100 sostanze.
L’obiettivo (non) dichiarato è quello di eliminare gli utilizzi tradizionali di Cannabis, oppio e cocaina laddove essi erano sempre esistiti.


Le sostanze, da “narcotiche”, diventano “psicotrope”.
Prende corpo “il problema droga“, declinato in forma geopolitica.
Lo scontro viene ora inquadrato alla stregua di una contrapposizione fra “Paesi produttori” (poveri) e “Paesi consumatori” (ricchi).
L’escalation inizia nel 1976, con gli USA che finanziano la fumigazione aerea delle colture.

Reagan, 1986: “Traffico di droga minaccia letale“.

Convenzione ONU contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, 1988: per la prima volta, viene criminalizzato l’uso personale di sostanze.
La repressione, già attiva sull’offerta, si abbatte perciò anche sulla domanda. Tuttavia, è proprio in questa fase storica che vengono introdotte le prime misure di riduzione del danno, veicolate dalla questione relativa a HIV/AIDS. I primi interventi di de escalation sono infatti effettuati dai consumatori stessi, nel tentativo di limitare la diffusione di malattie.

2000 – 2021

A partire da metà degli anni ’90, è possibile osservare il ruolo di primo piano svolto dalla società civile, che muove i passi più significativi in direzione di un nuovo approccio. L’esempio più esplicativo, la legalizzazione della Cannabis occorsa in alcuni Stati.


Quali sono, dunque, le modalità tramite le quali riformare le leggi vigenti?
Esse possono assumere varie forme:
modifica dei trattati con approvazione di tutti gli Stati membri
– eliminazione della Cannabis dalle tabelle
– ritiro dei trattati
– denuncia seguita da una nuova adesione
Per ognuno di questi casi sarebbe possibile muovere obiezioni.
Ma, citando Grazia Zuffa – il cui splendido “I testi sacri della proibizione alla prova della depenalizzazione e della legalizzazione” ha fornito la base per questo articolo: “Alla fine, la ‘flessibilità’ dei trattati si presenta come una strada squisitamente pragmatica per arrivare al deperimento delle stesse Convenzioni”.

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