Il proibizionismo viola i diritti umani

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Si intitola così il decimo rapporto della Global Commission On Drug Policy, creata proprio 10 anni fa su impulso dei presidenti di alcuni paesi del Sud America: ricordiamo Fernando Henrique Cardoso (Brasile), César Gaviria (Colombia) ed Ernesto Zedillo (Messico). L’incontro con altri leader mondiali ed europei ha permesso di creare questa realtà, che ormai da 10 anni guarda al fenomeno delle droghe con un occhio differente rispetto al passato. In questi dieci anni alcuni paesi hanno fatto dei passi avanti, almeno in merito alla legalizzazione della cannabis: dall’Uruguay al Canada, passando per alcuni stati americani. Oggi anche in Europa il dibattito sembra riaprirsi: il Referendum sulla Cannabis in Italia e la notizia dell’inserimento della legalizzazione della cannabis nel programma di governo tedesco portano due dei Paesi chiave dell’Unione Europea a fare finalmente i conti con questo tema. 

‘Time to end prohibition’ è infatti il titolo del nuovo rapporto, che ripercorre 10 anni di analisi e ci conduce verso una nuova prospettiva di revisione: la necessità di una revisione delle tre convenzioni internazionali che regolano il controllo delle sostanze, per creare un nuovo modello basato sulla tutela dei diritti umani. 

Un anno fa all’interno del rapporto 2020 si parlava proprio della tutela dei diritti umani, facendo emergere come le legislazioni proibizioniste hanno solo avuto il risultato di rafforzare la criminalità organizzata e le sue reti transnazionali. 

Oggi dopo dieci anni le evidenze scientifiche ci dicono che la transnazionalità del fenomeno, come viene riportano all’interno del rapporto, deve porci di fronte ad una sfida complessa: modificare rendendole più chiare le leggi internazionali che regolano questo tema, e far leva a livello nazionale sugli spiragli che vengono lasciati aperti dalle convenzioni stesse. 

Le recenti decisioni dell’OMS e poi delle Nazioni Unite, appena un anno fa, hanno dato un’impronta che alleggerisce la legge intorno alla Cannabis, per cui è stato riconosciuta l’utilità terapeutica. Ma la guerra alla droga continua: è vero che bisogna considerare anche il crescente mercato delle sostanze sintetiche fabbricate direttamente sul suolo europeo, come evidenziano gli ultimi rapporti dell’Osservatorio Europeo delle droghe e tossicodipendenze, ma è anche vero che un approccio sociale a questa politica è stato provato ancora da troppi pochi paesi, molti dei quali restano aggrappati alle politiche proibizioniste come alcuni paesi dell’Est Europa, l’Asia e il Medio Oriente. 

Nel 2018 sono state 270 milioni le persone che hanno fatto uso di sostanze stupefacenti, con più di 100 miliardi l’anno spesi per la repressione ed un mercato illegale calcolato a 500 miliardi l’anno. 

Le incarcerazioni sono 10.35 milioni, di cui il 20% relativi alle infrazioni sulle droghe. 

Il 16.6% delle persone è incarcerata per reati non-violenti relativi alle droghe, con mezzo milione di persone private della libertà per uso personale o detenzione di piccole quantità

Le personalità che fanno parte della Commission on Drug Policy ci invitano a riflettere su questi 270 milioni di consumatori annuali, a cui si aggiungono le persone che producono sostanze (sia plant-based che sintetiche) ed anche il mercato che si crea a casa di tutte quelle leggi proibizioniste il cui fallimento non è più rimandabile. 

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