“Perché la parola drogato viene usata in modo sbagliato”

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di Federica Valcauda

C’è tanto da dire e molto da fare sull’utilizzo delle parole, che in questo mondo in rapido cambiamento e costante superficialità non riescono più a trovare il loro reale valore all’interno dei contesti.

Quando ero un po’ più giovane di quello che sono oggi, mi è capitato di sentire da persone più grandi di me la frase: “quello lì è un drogato, meglio starci lontano”; io mi chiedevo se allora non fosse il caso di aiutarlo, sempre nella convinzione che salvarsi da soli da una dipendenza non è impossibile, ma è certamente più semplice se si trova una mano tesa che si può decidere di afferrare. Mi sono resa subito conto che la volontà di quelle persone era di etichettare e giudicare, di creare quella sorta di classifica immaginaria per cui qualcuno è migliore di un altro per il semplice fatto di poter stare, secondo loro, dalla “parte giusta”.

Cosa succede allora quando, soprattutto all’interno dei paesi delle province italiane, le persone che fanno parte della tua stessa comunità ti impongono una sorta di emarginazione?

Le vie a questa domanda sono molteplici, così come i finali possibili delle storie, quel che è certo risulta essere la solitudine di chi ha un problema da risolvere, nel caso specifico in cui una persona diventa tossicodipendente.

Le stesse comunità di recupero, quelle in cui lo Stato a volte ti obbliga ad andare anche per l’uso di Cannabis, non risolvono il problema alla radice, ma in alcune circostanze lo acuiscono.

Qualcuno adesso potrebbe chiedermi il motivo per cui la parola drogato viene utilizzata in modo errato, d’altronde non sarebbe sbagliato dire: “chi ha problemi con le sostanze è di fatto un drogato”; forse non è sbagliato, ma da tempo questo termine si è affermato in un significato dispregiativo e denigratorio, stigmatizzando in questo modo una persona che ha semplicemente bisogno di aiuto. Ecco, se forse iniziassimo a rivoluzionare il linguaggio, si tornerebbe a dare dignità alle persone che sviluppano una tossicodipendenza; la mentalità proibizionista, come diceva Don Gallo “ingabbia la persona in un ruolo, appiattito alla sua etichetta, e guardato come un problema da rimuovere”; invece il problema è da risolvere. L’emarginazione che subisce chi è etichettato come drogato, da quella società che ha “problemi ben più gravi a cui pensare”, toglie dignità all’essere umano, non riconoscendo neanche quella di malati. È una condanna silente questa, ma che urla e non permette la tolleranza di chi nella vita ha delle difficoltà.

C’è poi un altro utilizzo errato di questa parola, quando viene affrancata ai consumatori. Anche qui qualcuno potrebbe dire che da consumatore a drogato il passo è breve. Ovviamente da tutto ciò è esente il consumatore assiduo di alcolici, per lui è stato scelto un nome apposta, alcolizzato, e comunque questo status da l’opportunità di vivertela meglio: d’altronde, l’alcol è legale.

Se solo non facessimo finta che le alterazioni di coscienza sono parte di questo mondo, che ogni individuo libero è reso responsabile delle proprie scelte all’interno di una società che offre gli strumenti necessari per compierle, eviteremmo il giudizio fine a se stesso e probabilmente (ma ad oggi non possiamo saperlo) assisteremmo ad una diminuzione dei tossicodipendenti. Anche solo per il fatto che chiedere aiuto, in una situazione di necessità, non sarebbe più un problema come lo è oggi.

L’informazione su questi temi inoltre toglierebbe quel velo di entusiasmo che esiste nell’approccio alle sostanze, mentre la scelta deve essere consapevole e accompagnata da una volontà di scoperta. La paura di educare su determinati temi complessi ci ha portato oggi ad affrontare gli stessi in modo semplice, il più delle volte non preoccupandoci dell’evoluzione della società e quindi delle persone che la formano.

La fine ci riporta all’inizio, alla parola principe però, che è droga. Se è vero che da vocabolario la droga è “qualunque sostanza capace di modificare temporaneamente lo stato di coscienza”, capiamo che è di ampia applicabilità e totalmente priva di significato in senso pratico. Forse quindi anche la parola drogato, di per se, è priva di significato.

Questo perchè la droga può essere molte cose (dove tutte possono diventare dipendenza): la televisione che manipola la realtà e il nostro pensiero, la religione vista come ideologia, il potere, il cioccolato al latte o un amore che produce naturalmente serotonina e di cui non puoi più fare a meno.

C’è molto di relativo, in un mondo in cui tutti vogliono delle certezze, e proprio per questo è necessario a coltivare il dubbio e il non giudizio.

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